Ricordo di quando ero piccola che attendevo con ansia l’arrivo di Babbo Natale, meno quello della Befana.
Ricordo, inoltre, che la mattina del 6 gennaio mi svegliavo e trovando la mia calza e quella di mio fratello colma di dolci il primo pensiero era sempre rivolto al fatto che le avesse toccate la Befana, li avesse dunque toccati una specie di strega.
Ero inquietata da questa figura e ad oggi quando mi capita di parlare con i miei piccoli pazienti del Natale riscontro ancora una certa diffidenza nella figura di questa anziana signora, non sono mai cosi certi che sia veramente buona, non sono mai cosi sicuri di volere che entri in casa..insomma sembra proprio non piacere, e li capisco!
Il perché mi sembra evidente: il simpatico ometto dalle gote rosse e la barba bianca che col suo pancione si infila nei camini lascia il posto ad una anziana signora, esteticamente non gradevole, vestita di stracci, con le scarpe tutte rotte(cit. canzone), con il naso aquilino, i porri sul viso, che vola su una scopa in modalità strega…non credo servano ulteriori spiegazioni sul perché fa paura.
Ma allora, come aiutare i bambini che a volte sono terrorizzati da siffatta figura?
Innanzitutto provando ad umanizzare la Befana..non è una vecchia strega, bensi una dolce e anziana signora che si ritrova a volare sulle case dei bimbi per portare caramelle, per premiarli dunque e non solo per punire i cattivi col carbone. Spesso infatti i genitori enfatizzano questo aspetto punitivo legato al carbone e attribuiscono questo ruolo di giudice esterno del comportamento del bambino proprio alla malcapitata signora.
Secondo poi è importante che ci si soffermi a spiegare al bambino che brutto (perché perdonatemi ma cosi viene presentata) non è sinonimo di malvagio. Si può essere esteticamente sgradevoli pur essendo splendide persone. Se riuscissimo a lavorare su questo, oltre a far superare al bambino la paura della Befana, lo aiuteremmo anche a cercare di prestare maggiore attenzione alla sostanza più che all’apparenza.
Infine ricordiamoci che può aiutare ricordare al bambino come la befana esista dai tempi dei tempi e come da sempre il suo unico obiettivo sia quello di “addolcire” l’inizio del nuovo anno.
Quindi sul piano pratico cosa fare?
Umanizzare la befana e enfatizzare la dolcezza del suo agire
Parlare meno del carbone (punizione) e più dei dolci (premio)
Aggiungere qualche piccolo regalo affianco alla calza per confermare la “bontà d’animo” della befana.
Discutere della differenza tra non bello (brutto) e cattiveria e di come le persone possano essere buone anche se non belle esteticamente magari servendosi di qualche cartone come ausilio, ad es. la storia di Shrek è più che adeguata a trattare il tema.
Se proprio il bambino è terrorizzato all’idea che entri in casa potete appendere la calza all’esterno (magari in balcone e se non lo avete anche fuori dall’ingresso) permettendo cosi alla Befana di lasciare i suoi doni senza varcare la soglia!
Far riflettere il bambino sul fatto che quello che tutti hanno dopo la visita della befana sono solo tanti dolci e fino ad ora anche per lui l’esperienza è stata positiva, perché non dovrebbe esserlo anche quest’anno?
Periodo natalizio, per molti uno dei periodi più belli dell’anno. Strade agghindate a festa, vacanze dagli impegni lavorativi e scolastici, regali per le persone più care e non solo.
Tutto verte nel poter creare una magica atmosfera di calore tra le persone. Periodo di gioia, per molti ma non per tutti. Tante persone vivono i giorni delle feste natalizie come uno dei momenti più tristi dell’anno.
Lo stereotipo di “felicità e buonismo”, perpetrato in buona parte anche a scopo commerciale da messaggi pubblicitari, si scontra spesso con l’irrisolto e sofferente mondo interno che molte persone si trascinano dentro più o meno inconsapevolmente.
La richiesta sociale, e in parte culturale, di dover aderire, anche se solo per pochi giorni, al modello di “famiglia raccolta amorevolmente attorno al focolare domestico”, si scontra, in alcune persone, con la riattivazione di propri “fantasmi” interiori che tornano a farsi sentire come una lontana eco indesiderata.
Quello che dovrebbe essere per antonomasia un periodo di felicità diviene, per alcuni, un potente evocatore di vissuti depressivi.
Una mirabile parabola di tali meste manifestazioni interiori ci viene dal famoso classico della letteratura “Canto di Natale” di Charles Dickens. Nel bellissimo racconto si narra la rocambolesca avventura di una notte del protagonista, il famigerato Ebenezer Scrooge. Personaggio emblema dell’antiNatale: avaro, misantropo, giudicante, incapace di provare gioia ed empatia. Non a caso tale nome è diventato a tutt’oggi un termine d’uso comune per indicare una persona di animo cinico e sprezzante, quasi un archetipo dei sentimenti negativi e dell’odio verso il Natale.
Ma torniamo al citato racconto; tratteggiato il terribile carattere del nostro protagonista/antagonista, Dickens ci lancia poi immediatamente nell’incredibile viaggio/catarsi notturno in cui il nostro antieroe dovrà necessariamente fare i conti con i propri fantasmi interni. Si comincia con il passato, comprendiamo così una verità tanto lapalissiana quanto non considerata: nessuno nasce “cattivo”.
La durezza e l’asprezza di Scrooge, di chi mal tollera il Natale, ha le sue radici in una serie di percezioni e sensazioni negative vissute nella propria infanzia: il senso di solitudine, di emarginazione, di abbandono. Sentimenti negativi che portano l’individuo a costruire un Muro difensivo attorno a se per lasciare gli altri fuori (e qui ci concediamo un’ulteriore citazione ad una mitologica opera rock!), anche le persone in realtà più care.
Viene poi concessa una incredula pausa dal surreale tuffo nel passato per dover fare subito dopo i conti con il presente. Il secondo viaggio offre a Scrooge la possibilità di osservarsi dall’esterno, Dickens ci mostra come il potersi mettere in una posizione di forzata e temporanea oggettività dia la possibilità di confrontarsi con gli impietosi ed inconfutabili “dati di realtà”. La cosa è dolorosa e quasi crudele per il protagonista, davanti ai suoi occhi ci sono i frutti dell’aridità seminata negli anni, guardando indietro il senso di solitudine provato diventa ora una profezia autoavverante che non fa altro che ripetersi.
Il presente è poi il preludio ad un’amaro futuro. Scrooge scorge infatti ciò che sarà del suo aver vissuto preda della sua amarezza verso gli altri, verso gli affetti: una solitaria lapide a cui nessuno è veramente interessato.
Sin qui la morale è chiara: se non ci liberiamo del dolore e della sofferenza rischiamo di vivere un’esistenza avvolta in una gelida e solitaria nebbia depressiva.
Ma c’è una speranza: a Dickens (fortunatamente) non piacciono i finali negativi, il popolare scrittore statunitense è un tipo da bicchiere mezzo pieno e delinea una chiara via d’uscita: la consapevolezza della nostra storia nella sua interezza, nel bene e nel male. Nel ritorno al passato Scrooge rivede se stesso fanciullo; un bambino ancora in grado di gioire e pieno di speranze. In quel punto sembra suggerire uno dei movimenti interni più terapeutico che ci sia: il prendere contatto con la parte più pura e sana di sé. Non siamo solo esseri destinati ad essere “sporcati” dai mali della vita, possiamo continuare a sperare, parti di noi sopravvivono sempre, anche sotto cumuli di macerie. In un passaggio che è quasi commovente Dickens descrive in poche righe il doloroso ma terapeutico momento di rappacificazione interna:
“…e Scrooge prese posto su una panca e pianse a vedere il suo povero sé dimenticato, così com’era stato un tempo.”
Forse è cosi che quindi si sente chi prova avversione verso questo periodo dell’anno, forse è questo che andrebbe compreso prima di eventualmente giudicare, forse è anche in questo modo che possiamo ritrovare della serenità in una storia di sofferenza.
Come aiutare il bambino a superare l’ansia da rientro in classe.
La ripresa scolastica è vicina e voi genitori siete felici che i vostri figli potranno a breve ritrovare i loro affetti, le loro amicizie, i loro insegnanti e riprendere, si spera serenamente (dopo 2 anni a dir poco particolari) a frequentare le lezioni.
La logopedia estetica è una nuova frontiera della motricità oro-facciale, nata in Brasile circa 20 anni fa e diffusa solo recentemente nel resto del mondo.
“In viaggio la cosa migliore è perdersi. Quando ci si smarrisce, i progetti lasciano il posto alle sorprese, ed è allora, ma solamente allora, che il viaggio comincia.”(Nicolas Bouvier)